Modello di Douglas e lsherwood

Modello di Douglas e lsherwood

Modello di Douglas e lsherwood (Douglass & Isherwood model) modello di spiegazione del comportamento di consumo, di ca­rattere sociologico, ispirato alla cosiddetta antropologia economi­ca, che studia i comportamenti economici servendosi di variabi­li relative agli aspetti culturali e di costume dei popoli.
Secondo gli autori i beni hanno valore per il singolo solo se considerati in relazione fra di loro, ossia se costituiscono una combinazione che assume un significato simbolico determinato.
I beni sono, dunque, ciò che consente al singolo di evidenziare, rendere chia­ro e visibile l’insieme dei giudizi sui processi di classificazione di persone ed eventi. Essi svolgono cioè un ruolo di identificazione.  Grazie alla combinazione dei beni consumati il soggetto acquisi­sce il senso del mondo che lo circonda e lo rende visibile agli al­tri.  Di conseguenza ogni individuo è, da un lato, alla costante ri­cerca di informazioni che gli consentano di appropriarsi di que­sto significato, dall’altro è teso nello sforzo di controllare il flus­so dei significati, in perenne movimento.
L’assunzione dei significati avviene tramite processi di socializ­zazione, che hanno lo scopo non solo di far conoscere tali signi­ficati ma anche di fissarli per un certo tempo e limitarne l’accesso a chi appartiene al gruppo. Il soggetto ha quindi interesse a ottenere l’informazione ma anche, per quanto è possibile, a fis­sarla e “determinarla”, evitando che siano altri a farlo per lui. La strategia da attuare è quindi quella di organizzare lo scambio dei servizi di identificazione per non essere esclusi dalla società con­divisa, ossia adeguare la tecnologia del consumo alle variazioni del livello di reddito. Questo però non significa definire la rela­zione aumento di reddito/aumento di spesa. L’aumento di spesa, infatti, si determina se – e solo se – si verifica una variazione nel modulo di periodicità, ossia nella frequenza d’uso del bene.
Esiste una relazione inversa fra frequenza d’uso del bene e qua­lità dello stesso: quanto maggiore è la frequenza, tanto minore sarà la qualità del bene e, di conseguenza, inferiore il rango di chi lo usa. La periodicità è anche discriminante della qualità del lavoro e dello stile di vita (un lavoro con maggiore frequenza d’uso ha un valore minore di un lavoro a bassa frequenza).
È dunque la periodicità, la frequenza d’uso a legare il consumo dei beni a date classi e ad essere la causa dell’uso dei beni come crite­rio di identificazione e classificazione in categorie.
I beni, infatti si diffondono solo se varia la divisione del lavoro dentro e fuori l’unità familiare; esiste un legame fra cambiamento dei gusti e periodicità: se la periodicità non diminuisce, il tempo disponibi­le per le funzioni a bassa frequenza ed alto valore è poco.
Mag­giore è la periodicità minori sono le funzioni svolte e minori, di conseguenza, le richieste di nuovi beni. Il consumatore è quindi obbligato a fare i conti con le sue possibilità a sincronizzarsi a una nuova tecnologia e tenderebbe quindi a definire le sue aspi­razioni a un livello in cui gli appaiono realizzabili.
Un modello di questo genere potrebbe spiegare le differenze nei modelli di consumo fra le classi sociali, anche nel caso di un be­nessere diffuso come quello odierno (es. Internet è uno strumen­to che implica livelli di utilizzazione molto diversi), così come potrebbe spiegare la coesistenza di diverse tipologie di consumo nello stesso individuo (es. decifrando la sedimentazione di un senso nascosto o latente dietro quelli che appaiono episodi di consumo isterici insensati).

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