Pubblicità comparativa

Pubblicità comparativa

Pubblicità comparativa modalità di comunicazione pubblicita­ria nella quale viene effettuato un confronto in modo implicito o esplicito con un concorrente o con beni e/o servizi offerti da un concorrente.
La comparazione si dice esplicita quando il con­corrente e/o i suoi prodotti sono chiaramente indicati attraverso il nome e implicita quando presenta richiami che inequivocabil­mente si riferiscono alla concorrenza.
Negli Stati Uniti la pubblicità comparativa diretta è stata utilizza­ta sin dagli anni Settanta, mentre nei Paesi dell’Unione europea fino al 1997 era consentita una forma di pubblicità comparativa indiretta, che cioè richiamava i concorrenti solo genericamente.
Il ricorso alla comparazione diretta è stato reso possibile dalla di­rettiva europea 97 /55/Ce che ha armonizzato le differenti disci­pline in materia, sia per favorire la libera circolazione dei beni e dei servizi tra i Paesi dell’Unione, sia per garantire ai consumato­ri la stessa tutela e gli stessi diritti relativamente alle informazio­ni sui prodotti presenti sul mercato.
In Italia la direttiva europea è stata recepita attraverso il decreto legislativo 25 febbraio 2000 n. 67 (entrato in vigore 1’11 aprile 2000), che considera lecita la pubblicità comparativa se sono soddisfatte le seguenti condizioni:
– non sia ingannevole (—> pubblicità ingannevole);
– confronti beni o servizi che soddisfano gli stessi bisogni o si propongono gli stessi obiettivi;
– confronti oggettivamente, con riferimento a tali beni e servi­zi, una o più caratteristiche essenziali, pertinenti, verificabili e rappresentative, compreso eventualmente il prezzo;
– non generi confusione sul mercato fra l’operatore pubblicita­rio ed un concorrente o tra i marchi, le denominazioni com­merciali, altri segni distintivi, i beni o i servizi dell’operatore pubblicitario e quelli di un concorrente;
– non causi discredito o denigrazione dei marchi, delle deno­minazioni commerciali, di altri segni distintivi, dei beni, dei servizi, delle attività o delle circostanze di un concorrente;
– per i prodotti recanti denominazione di origine, si riferisca in ogni caso a prodotti aventi la stessa denominazione;
– non tragga indebitamente vantaggio dalla notorietà connessa al marchio, alla denominazione commerciale o a altro segno distintivo di un concorrente o alle denominazioni di origine di prodotti concorrenti;
– non presenti un bene o un servizio come imitazione o con­traffazione di beni o servizi protetti da un marchio o da una denominazione commerciale depositati.
Inoltre, anche il Codice di autodisciplina pubblicitaria prevede all’art. 15 l’utilizzo della pubblicità comparativa, affermando che la comparazione è consentita “quando sia utile ad illustrare, sotto l’aspetto tecnico o economico, caratteristiche e vantaggi dei beni e servizi pubblicizzati, ponendo a confronto obiettivamente caratteristiche essenziali, pertinenti, verificabili e rappresentative di beni e servizi concorrenti, che soddisfano gli stessi bisogni o si propongono gli stessi obiettivi. La comparazione deve essere leale e non ingannevole, non deve ingenerare rischi di confusione, né causare discredito o denigrazione non deve trarre indebitamente vantaggio dalla notorietà altrui”.

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